Riproponiamo questo primo articolo tecnico in ricordo di Oskar Piazza, autore – con Giuseppe Antonini – di questo approfondimento sui materiali utilizzati durante le manovre di soccorso. Oskar seguiva con passione ed eccezionale competenza studi e sviluppi delle attrezzature del CNSAS, riportando spesso la sua esperienza in articoli tecnici come questo.
Prove pubblicate nel numero di aprile 2014 de “Il Soccorso Alpino Speleosoccorso”
Prosegue l’esposizione dei risultati raccolti nei test di caduta su alcuni degli attrezzi di uso comune tra i tecnici del soccorso: questa è la volta di discensori e bloccanti, dispositivi con i quali ci si collega alle corde, generalmente semistatiche. L’idea era di osservarne il comportamento nelle situazioni operative, per determinarne i limiti di utilizzo. Si ringrazia, come sempre, la Commissione centrale materiali e tecniche del C.A.I. che ha messo a disposizione il laboratorio di Padova nel quale sono state effettuate le prove di caduta.
Condizioni di prova
Tutti i test sono stati eseguiti al Dodero, apparecchio munito di un registratore di forze in cui si realizza la caduta di una massa in acciaio di 80 chilogrammi che simula la caduta di un uomo. C’è da fare una precisazione: considerato che la deformazione (e quindi la dissipazione di energia) dell’acciaio è praticamente nulla in rapporto al corpo umano, le condizioni di prova potrebbero essere giudicate fin troppo severe. Ma, bisogna anche ricordare, che da attrezzi e corde nuovi , ci si dovranno attendere prestazioni superiori rispetto a quanto accade con attrezzi e corde usati; perciò, si effettuano prove più selettive sul materiale nuovo, immaginando in questo modo di compensare la perdita di performance di quello usato, sul quale infatti le cadute sono quelle del corpo umano, in grado di assorbire una discreta quantità di energia. Per una più immediata comprensione delle tabelle, si è introdotto un codice colore:
- verde-situazione valutabile come entro i limiti di sicurezza; b. giallo-situazione valutabile come rischiosa; c. rosso-situazione valutabile come di molto rischiosa o mortale.
1° set di prove: test chiave del discensore
Con questo test si è voluto investigare sull’entità delle forze in gioco nel caso di caduta a fattore di caduta 1 con un discensore speleologico Simple Petzl, bloccato in varie configurazioni con chiave Meredith.
[supsystic-tables id=’1′]
Considerazioni
Dai valori registrati si evince chiaramente che la forza di arresto si posiziona in tutti i casi al di sopra della soglia delle lesioni, con la sola eccezione del test con corda diametro 8mm (normata come cordino EN 564), dove il valore è di poco superiore alla soglia delle lesioni permanenti. Ma, in quest’ultimo caso, bisogna considerare che, sebbene la forza di arresto rimane piuttosto bassa, il valore è molto vicino ai limiti di rottura della corda: in pratica si è comunque in una situazione di rischio da non sottovalutare. In definitiva, una caduta in situazione di fattore di caduta elevato (FC 1), con discensore bloccato su chiave Meredith, risulta piuttosto rischiosa, qualunque sia la configurazione di inserimento della corda nel discensore. Sebbene sia molto difficile che si verifichi questa condizione (fattore di caduta 1), non lo si può escludere: ogni tanto capita di osservare errori di attrezzamento di questo tipo, nella costruzione di una linea di corda . In questi casi, una soluzione possibile (oltre a quella ragionevole di riattrezzare in modo più sicuro) consiste nell’evitare di … bloccare il discensore con la chiave di corda. Tuttavia, questo espone al rischio concreto di precipitare per un’accidentale perdita di controllo del discensore (es, corda infangata o gelata, e/o di diametro ridotto), proprio nel delicato momento in cui si scollega la longe corta dal moschettone/asola del frazionamento; quindi, per questo motivo, conviene assicurarsi precauzionalmente con la longe lunga all’ansa dello stesso; in questo modo, anche perdendo il controllo della corda, si rimarrebbe comunque appesi.
2° set di prove: test di cedimento del frazionamento sotto il discensore
Cosa succede quando cede il frazionamento che separa due persone impegnate nella discesa su corda? E’ uno degli aspetti che si voleva chiarire, immaginando di trovarsi in questa situazione con diversi tipi di discensore/assicuratore ed in varie configurazioni. Al cedimento del frazionamento, l’attrezzo viene infatti sollecitato violentemente, in tensione tra le due tratte di corda.
[supsystic-tables id=’2′]
Considerazioni
Anche se le condizioni di prova erano severissime, i risultati mettono in evidenza che le configurazioni Vertaco e Romana determinano un rovesciamento laterale del discensore, con conseguente deformazione e distruzione dell’attrezzo; pertanto, in questi casi conviene mantenere prudentemente la distanza di almeno due frazionamenti tra una persona e l’altra, salvo il caso in cui il frazionamento che divide due tratte di corda sia invece su doppio ancoraggio (o con una resistenza ed affidabilità equivalenti).
3° set di prove: test caduta su bloccanti
Prove di caduta su alcuni dei più diffusi bloccanti in commercio. In ambiente alpinistico si guarda generalmente con diffidenza all’uso di un bloccante meccanico su corda, mentre in quello speleologico e torrentistico è un fatto del tutto normale: perché questa differenza di pensiero? In genere, si teme che la corda possa essere tranciata in caso di caduta e che comunque subisca un danneggiamento da usura per l’interazione del bloccante con la corda. Facciamo un po’ di chiarezza. Partendo dal presupposto che qualsiasi bloccante applicato ad una corda produce un’usura più o meno accentuata, riducendone progressivamente la resistenza (ma anche la corda a contatto con la roccia o nel passaggio in un mezzo barcaiolo produce effetti simili), rimane il fatto che in alcuni ambiti (o situazioni) è indispensabile ricorrere ai bloccanti per salire su corda o recuperare un carico: in determinate situazioni operative, quali la risalita su corde fisse strapiombanti, un nodo autobloccante risulta essere infinitamente meno pratico, e quindi inadeguato, rispetto ad un bloccante meccanico. Parlando invece del rischio di tranciamento della corda in caso di caduta, c’è da dire che questo spettro è giustificato solo se non si conoscono i limiti di utilizzo dei bloccanti. infatti, in una risalita su corde fisse, non si dovrebbe mai configurare una situazione con caduta a fattore di caduta superiore ad 1; altrimenti si è sbagliato lo schema di attrezzamento. Dovrebbe quindi essere superfluo ribadire che i bloccanti meccanici non sono adatti come dispositivi di assicurazione/protezione quando vi è il rischio potenziale di cadere con fattore di caduta superiore a 1
[supsystic-tables id=’3′]
Considerazioni
Come evidenziano i risultati, l’uso dei bloccanti meccanici sulle corde del diametro di 10 mm (corde semistatiche tipo A) può considerarsi ragionevolmente sicuro se nella la caduta non si configura un fattore di caduta superiore ad 1, mentre con diametri inferiori non si hanno concrete garanzie, se non con un attrezzamento a regola d’arte. Anche se ad alcuni può sembrare un’eresia, il comportamento di un bloccante meccanico che scalza la corda deve essere considerato fisiologico e benefico: scivolando con la calza sull’anima, si dissipa energia per attrito, portando al risultato di evitare la rottura della corda … e quindi alla caduta. Per essere un po’ più convincenti in questo ragionamento, prenderemo esempio dalla sicurezza in campo automobilistico: in caso di impatto violento l’auto si deforma , talvolta in modo impressionante, anche a basse velocità, garantendo così grandi capacità di assorbimento di energia: poco importa se l’auto è distrutta, l’importante è garantire la sicurezza della persona. Bisogna superare la barriera psicologica della calza che si rompe: se ciò non avvenisse la forza d’arresto salirebbe probabilmente oltre i limiti di resistenza della corda, determinandone il tranciamento istantaneo; e se anche la corda non dovesse rompersi, si andrebbe ben oltre la soglia delle lesioni permanenti. Utilizzando correttamente i bloccanti, mantenendosi cioè al di sotto del fattore di caduta 1 e con corde di tipo A, ci si trova in una situazione di relativa sicurezza. Questo non significa che corde di diametro inferiore non possano essere utilizzate nel soccorso, ma i margini di sicurezza sono ridotti ed è necessario un attrezzamento a regola d’arte, in cui una potenziale caduta si mantenga molto al di sotto del fattore di caduta 1. I test infatti evidenziano che corde semistatiche con diametri al di sotto dei 9 mm, in caso di caduta con FC 1 si danneggiano gravemente (rottura della calza e di buona parte dei trefoli e, in certi casi, si arriva alla recisione totale della corda).
Conclusioni generali
Le prove effettuate, visto il ridotto numero dei test, vanno considerate come un contributo esplorativo nel campo della ricerca sui materiali. Si auspica che i risultati siano spunto per riflessioni approfondite, finalizzate a scelte più consapevoli sul piano operativo, al fine di migliorare la sicurezza nella progressione ed in soccorso
© Copyright CNSAS – Ogni riproduzione riservata